Un cielo tutto da scrivere

“Un cielo tutto da scrivere”

Quando mi è stato chiesto di raccontare come avevamo risposto allo strappo del 24 febbraio ho subito visualizzato l’elenco dettagliato delle attività proposte, dei video montati, dei progetti realizzati, della formazione attivata e, forse, prima della fine di questo articolo, ne parlerò.

Ho preso tempo, grande insegnamento del COVID, e ho deciso di scrivere che, alla chiusura forzata, abbiamo risposto spalancando il pensiero.

La frenesia e gli obblighi, i chilometri e i gruppi di lavoro, i colloqui e la redazione dei documenti annuali, i collegi docenti e la programmazione, la formazione e i nuovi ingressi, insomma tutti i “da fare” che avvengono in una scuola dell’infanzia delle nostre dimensioni non lascia particolare aria ai pensieri, anzi, spesso li “vizia” di modelli operativi già usurati dal logorio del “si è sempre fatto così”. Spesso si travestono da pensieri “nuovi” ma sono sempre gli stessi con addosso abiti riadattati, ecco noi, grazie al COVID, abbiamo arieggiato i pensieri, abbiamo trovato, come gruppo di lavoro, la forza per lasciare la zavorra di una normalità che aveva già ampiamente dimostrato di funzionare, ma che silenziosamente chiedeva a nuovi pensieri di essere sostituita, aveva già compiuto il suo dovere e volenti o nolenti, oggi, abbiamo dovuto mandarla in pensione definitivamente.

Siamo arrivati ad aprire le finestre dopo aver riconosciuto che il momento non era usuale, sentivamo che qualcosa non era più “normale” e abbiamo accolto la paura, sì la paura di noi adulti, la paura del contagio, la paura di giorni a casa senza sapere cosa pensare. Un adulto senza potersi pensare nel suo prossimo futuro è un adulto spezzato, ci siamo guardati nel video e ci siamo detti “abbiamo paura”. Ecco avevamo aperto le finestre al pensiero e come gruppo abbiamo lasciato entrare un’aria pungente, un’aria che ha portato tante domande sul futuro, ha portato tanti interrogativi sul “Come sarà FARE SCUOLA dopo il Covid?” e ancora “Io vorrò fare la maestra del dopoCOVID?”

Siamo partiti dagli adulti e dal loro bisogno di scoprire che, anche se ognuno chiuso nella propria casa, c’era una condivisione di pensieri e timori che collegava tutto il team e che queste paure avrebbero potuto trasformarsi in energia per ripensare la scuola del domani.

La paura una volta conosciuta spaventa già di meno, la narrativa per l’infanzia ridicolizza lupi, mostri e mette sempre adulti competenti a fianco dei bambini per ricercare quell’epilogo così dolce che trasmette davvero la possibilità del “si supera tutto” e così, proprio dai bambini, abbiamo deciso di partire, questa volta prendendo loro come modelli, abbiamo ripercorso le tappe di crescita e abbiamo rivissuto come sia indispensabile, al bambino, vivere la frustrazione per poter alzarsi in piedi e tentare il nuovo passo, da educanti siamo diventati educabili.

Educabili è una parola che mi piace molto perché trasmette la possibilità all’azione, racchiude in sé la tensione e il movimento, enfatizza la capacità di acquisire nuove abilità e chi, meglio di un bambino, ci può dimostrare che, come loro, c’è chi è costretto ad imparare nuove abilità solo dopo il fallimento della prova non riuscita… Se oggi mi chiedessero un libro di narrativa per l’infanzia da consigliare ad un adulto proporrei un libro in cui ad avere paura sono i “grandi” e dove il ruolo dell’eroe è dei “più piccoli”.

La programmazione che avevamo strutturato quest’anno era sull’orientamento, sulla necessità di guardarsi come adulti per poter consapevolmente fungere da modelli per i bambini, abbiamo costruito una programmazione che ci facesse affiancare i bambini con lo scopo di essere per loro “coach educativi e didattici” e, il covid insegna, ci siamo trovati ad imparare anzi a RE-imparare da loro come si fa ad affrontare l’ostacolo, come si fa a cadere e rialzarsi più forti di prima… Quindi grazie bambini che ci avete dimostrato ancora una volta che non è l’altezza o l’età anagrafica ad andare a meta.

Dopo aver dichiarato la paura ci siamo concentrati sulla disillusione, abbiamo analizzato questa parola e, con calma, abbiamo sentito che, se in un primo momento, ci raccontava cose brutte, ci raccontava della possibilità di non avere più desideri, in un secondo momento, questa parola, ci insegnava che per poterne accogliere di nuovi è necessario fare spazio, selezionare quelli utili e archiviare ordinatamente quelli che hanno già fatto stagione e che, per sempre, rimarranno sottoforma di esperienza, ricordi e sorrisi passati, ma che adesso devono lasciare spazio al nuovo, ai nuovi desideri e alle nuove possibilità per una didattica tutta da scrivere.

C’è un gioco che propongo sempre ai bambini, stendersi in giardino e guardare le nuvole, quando il cielo dietro è uno sfondo omogeneo di un turchese che spinge il respiro giù, in profondità. Prima di dare indicazioni sul dove stendersi mi sincero che il flusso percepibile del movimento delle nuvole sia rigorosamente da sinistra verso destra così lo sguardo dei bambini sarà naturalmente guidato alla lettura e chiedo loro di dirmi cosa vedono, li aiuto, do loro mie interpretazioni ma più di tutto enfatizzo l’importanza di quel movimento che lascia spazio a nuvole nuove, a nuove forme, e lascia spazio a tutti i bambini di trovare la loro forma.

La disillusione se la dovessi raccontare la racconterei così, come un cielo tutto da scrivere.

In tutto questo pensare abbiamo iniziato a leggere, a confrontarci e siamo arrivati a pensare che le mascherine che all’inizio sembravano impossibili ora rappresentavano il male minore, siamo arrivati a pensare che chi lavora con i bambini, chi si assume annualmente la responsabilità dell’educazione di altre anime non potesse farsi cementare dalla paura, che adulti saremmo agli occhi di quei bimbi che spesso sollecitiamo perché bloccati, perché convinti che non valga nemmeno la pena provare? Oggi li possiamo capire di più e oggi possiamo essere più veri nel dire loro di provare, nell’affiancarli e nel fare il primo passo.

E allora se è vero che i sogni didattici e pedagogici ci sono stati strappati a febbraio 2020 abbiamo deciso di dedicare tempo e spazio ai sogni del prossimo anno scolastico e così abbiamo definito la programmazione del prossimo anno: Resilienza e Spiritualità: i bambini insegnano.

Questo salto, questa proiezione in avanti ci ha ridato carica e ci ha fatto sentire la necessità di chiudere per poter riaprire e allora siamo scesi sul campo della pratica e delle buone azioni educative, abbiamo improntato uno schema di ancoraggio per le famiglie e per i bambini, abbiamo ripensato al progetto continuità con la scuola primaria e ci siamo impegnati a non saltare nemmeno uno dei più importanti appuntamenti che in questo periodo avremmo affrontato: assemblea di restituzione, consegna dei diplomi e saluti finali. Non sappiamo ancora come ma oggi sappiamo con certezza che li vogliamo fare, che nel nostro cielo turchese la nuvola della chiusura dell’anno scolastico in corso non è ancora passata.

La paura è diventata più piccola, i paletti molto più grandi, l’entusiasmo si è rinnovato, la fatica di tradurre un abbraccio, di far ridere gli occhi molto più della bocca saranno il nostro allenamento quotidiano, ma abbiamo deciso di non mollare e di cercare sempre il lato migliore di ogni avvenimento, anche del covid 19 e se siamo riusciti a farlo è perché abbiamo la sfacciata fortuna di respirare la stessa aria che respirano i bambini.

Ah sì abbiamo anche fatto video, attività consegnate al domicilio grazie ai volontari, colloqui on line, formazione su piattaforme on line, ma queste cose le sapevamo già fare. Abbiamo deciso di farci educare alla resilienza accettando di seguire un’azione educativa che crede fortemente nella possibilità di essere e divenire altro da ciò che apparentemente sembra.

Pamela Sambri

Coordinatrice Scuola dell’Infanzia Sacro Cuore

Sant’Agostino